venerdì 28 febbraio 2014

STARBOOKS REDONE DI FEBBRAIO 2014: I VINCITORI!

Archiviamo anche il Redone di Febbraio, e come sempre ringraziamo gli entusiasti partecipanti.
Siete bravissimi e sta diventando veramente difficile votare per noi banda Starbooks!
Ricordo, come sempre, che non viene giudicata da noi la ricetta in sè, ma il giudizio e l'analisi che voi ne fate come potete leggere nel regolamento.
Ed ecco i vincitori:

Prima Classificata


Sponge Cake con fragole e panna di Assassina di Aragoste


e poi seconde a pari merito

Seppie al vino bianco di Il bosco di alici                                       Swiss Roll di Cuocicucidici
 


Chiediamo ora alla prima classificata di inviarci un indirizzo al quale poter spedire il premio scrivendo alla mail lostarbook@gmail.com
A tutte e tre, di tenersi pronte per il libro che ci aiuteranno ad analizzare a Marzo, affiancandoci come Redoners del Mese!

giovedì 27 febbraio 2014

STARBOOKS MAGAZINE: EVERYDAY FOOD DI MARTHA STEWART



Sempre lei, Martha Stewart.
Un impero che spazia dalla cucina alle carte da parati, con il fulcro sempre saldo sulle ricette che ne hanno fatto la fortuna.
Una seconda rivista affianca Living, di cui su questa pagine si è già parlato.
Il risultato, però, molto diverso.
Meno copertine accattivanti, meno rubriche, meno colori ad ammiccare dalle pagine.
Anche meno numeri, dato che Everyday Food non esce con regolarità mensile e quello che vedete fotografato è l'ultimo uscito, a Dicembre scorso.
Molte ricette, tutte semplici e veloci.
Anche qui l'intento è simile a quello del collega più patinato: mostrare come si possa cucinare una cena decente senza per forza aprire un barattolo di zuppa precotta o versare una lattina di macaroni&cheese nel piatto.
Ma dato che, per stessa ammissione della stessa Stewart, la rivista si indirizza ad un pubblico leggermente diverso, ovvero persone con pochissimo tempo per cucinare e soprattutto nessuna voglia di impazzire a cercare ingredienti esotici, raffinati o magari che siano, per dire, strettamente di stagione, anche l'offerta è diversa.
Niente torte a tre piani o frosting complicati.
Niente ricette che prendano troppo tempo, dato che i lettori non ne hanno.
Qui si cerca la cena, e se può essere anche bella, bene.
Ma l'importante è che sia veloce, e soprattutto semplice.
Mi ha fatto sorridere l'introduzione ad un capitolo che mostra come arrostire verdure di stagione, e soprattutto fresche: invoca un minimo di patience, pazienza, con la promessa che il risultato ripagherà del piccolo sforzo.
I piatti sono ovviamente molto... americani, con quelle tipiche "casseroles" che sotto il nome di facile intuizione celano piatti unici in cui, onestamente, ho visto spesso mettere di tutto alla rinfusa.
Non qui, dove l'occhio è invece sempre attento a variazioni se non propriamente light di certo alleggerite.
Dolci veloci, in quest'ultimo numero, e come cuocere un french toast al forno.
Biscotti per un esercito, d'altronde era Dicembre...
Ma soprattutto una bella pagina sui gamberi freschi: se ne lodano le qualità nutritive e, ovvio, la velocità di cottura con cinque ricette che li prevedono tra gli ingredienti.
E tra un burger, una pasta ed un'insalata l'occhio mi è caduto su dei semplici spiedini in agrodolce.
Buonissimi, veloci, leggeri.
Ottimi forse più per un antipasto che per un secondo, vi faranno fare un figurone.
La rivista, in realtà, non esiste più in versione cartacea da diversi anni ma solo digitale, per Ipad.
Ma, per gli abbonati a Living, è gratis!
Perchè everyday you can make good food.
Parola di Martha ;)



LIME-GLAZED SHRIMPS
per 8 spiedini con 3 gamberi ciascuno

80 ml di miele
succo e buccia di un lime
un cucchiaio di olio di semi
2 spicchi d'aglio
mezzo cucchiaino di peperoncino secco
mezzo cucchiaino di sale


Versare in un pentolino miele, succo e buccia grattugiata del lime, sale, peperoncino, l'aglio tritato e l'olio.
Portare a bollore e calcolare 5-7 minuti da questo momento, in modo che la salsa addensi leggermente.
Pulire i gamberi ed infilzarli sugli spiedini, quindi spennellarli generosamente con la salsa da ogni lato.
Cuocere sotto il grill del forno per circa 3 minuti per parte, finchè saranno opachi e la salsa comincerà a scurire.
Servire tiepidi o a temperatura ambiente.





martedì 25 febbraio 2014

STARBOOKS RETRO'


Per questo secondo post dei favolosi anni ’60 ho trovato  un’altra rubrica :
una sorta di “epistolario” tra  la zia Maria (donna saggia ed esperta) e sua  nipote Pia (giovane e sprovveduta) nella quale ogni mese si affronta un argomento legato alla casa.
E vi chiedo  : avete il corredo da stiro?
Io no…mi sono accorta che rispetto agli anni 60 sono una stiratrice molto spartana ed essenziale .
Non mi dispiace stirare forse perché non essendo particolarmente precisa e attenta me la sbrigo abbastanza in fretta e grazie ai ferri da stiro  di oggi posso permettermi una  tecnica easy e veloce.



Me leggete bene qui cosa dice la zia Maria alla nipote Pia :

"cara Pia  rientro ora dall’esser stata a casa tua e prima che il mio disappunto sbollisca ti indirizzo questa lettera.
Sono rimasta stupefatta nel vedere che tu, non abbia compreso l’utilità del corredo da stiro….
Per me ,che stiro sulla tavola della cucina il corredo è così composto:

Un mollettone bianco morbido di 20 cm più largo della dimensione della tavola
Due tovagliette (una è di ricambio) di tela di cotone bianco delle solite misure (io in un angolo ho messo un ricamo) , puoi adoperare pezzi di lenzuolo usato
Un ‘altra tovaglietta pure bianca per stirare gonne, pantaloni, ecc.(cioè quanto non è di bucato) ed è contrassegnata in un angolo con un grosso segno nero
Un pezzo di tela nera per stirare vestiti scuri e che, essendo scura non depositerà sul capo quegli antiestetici pilucchi bianchi. Un secondo pezzo della medesima tela nera che bagnata servirà per inumidire qualche falsa piega
Un canape (???) di lana, sopra il quale va messa una tela inumidita per stirare gonne, pantaloni di qualunque tipo di stoffa
Un vecchio fazzoletto per togliere le false pieghe
Inoltre lo “stira spalla” che è una specie di cuscinetto
La “manica” (nota mia: sorta  di “tubo” di stoffa per stirare appunto le maniche)  con una fodera bianca di ricambio
L’asse per le sottogonne, le camice da notte… (nota mia: questo proprio non so cosa sia!)
Lo stiracravatte (molto pratico perché permette di stirare le cravatte senza che dal diritto si segnino le cuciture della parte interna.
Sotto ai piedi un’asse di legno a scopo isolante.
Opportuna la luce da sinistra (se non si è mancina)
Spruzzatore per inumidire la biancheria 
Prima di stirare si deve rammendare e aggiustare i capi che ne hanno bisogno"

 Niente male vero? Mi fanno impazzire i pezzi di tela bianchi o neri a seconda del capo da stirare … non so se  sentirmi una pessima casalinga o fare un sospiro di sollievo per non dover sottostare alle dritte della  zia Maria!

La quale non la smette mai di dispensar consigli e a volte fa pure la “moderna”  lanciandosi in lodi sperticate per…
Il battitappeto!

"Un apparecchio che molti considerano un lusso mentre invece lo si dovrebbe vedere sotto il punto di vista dell’utilità, dell’igenicità, del risparmi di fatica e di una più lunga conservazione di tappeti e moquettes."

Apppperò la zia Maria! Per fortuna non ci dice che sarebbe meglio sollevare i tappeti e sbatterli sui balconi con l’apposito attrezzo di bambù riempiendo di polvere noi e tutto il vicinato, nel nome di sane tradizioni casalinghe!!!

Per concludere un’altra ode della zia Maria ,ma questa volta verso le  virtù femminili! Anche in questo caso la vedo “moderna”, preculsore dell’hand made tanto di moda oggi. 
È sufficiente guardare qualche bacheca di pinterest  o fare un giretto su tumblr  per scoprire quanto sia fashion il ritorno al lavoro a maglia, all’uncinetto, al crochet…ma mai ci immagineremmo le virtù psicologico- terapeutiche dello sferruzzamento….

Titolo della rubrica :
Le virtù femminili sono premio a se stesse ( e scusate se questo titolo non è già favoloso!)
Introduzione: 
"La vita moderna è spesso fonte di nervosismo ed inquietudine. I rapporti famigliari si fanno tesi e tutto si conclude in irritazioni e litigi. Las saggia zia maria parla alla nipote di quei lavori che, mentre danno modo di abbellire e dare un tocco personale alla propria casa, costituiscono l’elemento equilibratore della donna. Si stabilisce attorno alla famiglia un’atmosfera di pace e di armonia ; contarietà, amarezze,ansie scompaiono;appaiono limpide soluzioni a problemi inquietanti."

Bè, che ne dite? Direi che trovare “limpide soluzioni a problemi inquietanti” (addirittura!!!) lavorando ai ferri, non è assolutamente da sottovalutare!!!!Varrebbe la pena di provarci…
Allora,  forza :
uncinetto ,bella lana dei colori che ci piacciono…
punto basso e punto alto
Pronte?????



Dite la verità , non vi sentite già un po’ più serene???



lunedì 24 febbraio 2014

LO SCAFFALE DELLO SB. SALDI DI FEBBRAIO


Letto bene: "saldi" e non "sconti".
Ovvero, ribassi, fino all' 80%, praticamente di tutti i libri starbookati finora, con qualche aggiunta di autori che amiamo e che prima o poi capiteranno sotto le nostre grinfie.
Quindi, se avete qulche buco nei vostri scaffali, se avevate desiderato un titolo finora troppo costoso per le vostre tasche, se volete farvi un regalo senza alleggerire troppo il portafoglio e/o appesantire la vostra coscienza, il momento è arrivato.
E mai come adesso, è il caso di dire carpe diem!

1. Yotam Ottolenghi, Jerusalem : Yotam è un nome che vende tanto e dappertutto e la sua casa editrice non ama giocare al ribasso: quindi gli sconti o  sono una rarità o sono piuttosto contenuti: al momento, è al 44%  e vi costa 15 sterline. Per noi, sia chiaro, sono le meglio spese (e lo stesso vale per Plenty, che è ribassato a 15 sterline dalle 26 iniziali): sono titoli imperdibili, in una libreria che ambisca a qualche pretesa di completezza, perchè porterebbero una ventata di freschezza, di novità e di sapori nella vostra cucina. Le ricette riescono a colpo sicuro e, insomma: se ci siamo innamorate di questo autore e continuiamo ad esserlo da anni, un motivo ci sarà, no?

2. Paul Hollywood: rispetto ad Ottolenghi, i nostri sentimenti sono più contrastanti, anche se tutte concordiamo sul fatto che almeno un titolo non sfigurerebbe, nelle nostre librerie. Considerato che li ho tutti (e pure a prezzo pieno: stamattina, faccio colazione mangiandomi le mani fino ai gomiti), quello che consiglio di più è How to Bake, che trovate oggi a 9 sterline (contro le 20 di partenza);  Bread è a 10, 100 Great Breads (la sua opera prima) a 9, 09 e l'ultimo, Pies and Puds, è di nuovo scontato al 55%, a 9 sterline.

3. Lorraine Pascale: al contrario di Ottolenghi, i libri della Pascale sono perennemente in sconto (tranne quando li compriamo noi, ma questa è un'altra storia): Fast, Fresh and Easy Food è a 4,99, Baking Made Easy a 4,85, tanto per citare i saldi più eclatanti. Con lei, un titolo vale l'altro- da intendersi nel senso migliore dell'espressione. La Pascale è sempre fedele a se stessa e propone una cucina facile, divertente, leggera, con ricette che sono impossibili da sbagliare. Non sarà Escoffier, ma a noi ha salvato dalla noia di dover preparare sempre le stesse cose e di poter presentare cene sempre diverse, nei soliti 20 minuti di tempo. Senza ricorrere a precotti o surgelati, intendo dire. Il che, varrà ben 4,99 sterline, no?

4. The Hairy Bikers: ok, ve lo dico: li ho tutti, a parte quelli in cui si son messi a dieta. Il primo è stato The Perfect Pies, "fortunoso" regalo di una cara amica (era stato un ripiego, visto che la prima scelta già stava nella mia libreria- e mai incidente ebbe risvolti più benedetti da tutti) e da lì non ho potuto resistere. I loro libri sono bellissimi e, quel che più conta, mai ripetitivi: hanno parlato di cucina britannica, poi di cucina europea, poi di cucina indiana e ora sono in uscita con l'ultimo libro, sulla cucina asiatica (in offerta promozionale, al 50% di sconto). L'offerta irresistibile, però, sono le 4 sterline (letto bene: 4 sterline) di "Mums Know Better: The H.B. Family Cook Book", ovvero "le mamme lo fanno meglio- le ricette di famiglia degli Hairy Bakers. Celo- e vi assicuro che è imperdibile, sempre che amiate la cucina britannica. Per chi volesse approfittare della stagione, The Perfect Pies è scontato al 55%

5. Rachel Khoo: l'avevamo parecchio massacrata, ai tempi di My Little Kitchen in Paris, ma sappiamo che ha degli irriducibili fans. E' a loro che ci rivolgiamo, segnalando che la nuova creatura della Khoo, My Little  French Kitchen 
è felicemente scontato al 65% e costa la bellezza di 7 sterline. Lo stile è quel vezzoso-metropolitano a cui l'autrice ci ha abituato e la Heidi/Khoo è forse più credibile in mezzo agli scenari alpini e campestri della douce France che non nei boulevard parigini. Insomma: dubito che  le Starbookers si azzufferanno per aggiudicarsi questo libro, ma - vivaddio- non esistiamo solo noi (e a un 65% di sconto, non si dice mai no)

6. Altro sconto imperdibile è l' 80% di River Cottage Veg, di Hugh Fearnley- Whittingstall: con sole 5 sterline, ve lo portate a casa. Anche su questo i pareri erano stati un po' discordanti, non tanto per le ricette in sè, quanto per l'incoerenza dell'autore, che di qui inneggiava alla cucina naturale, di là si dava da fare con l'apriscatole. Al di là di questo, però, il libro è straordinariamente ben fatto e tutto riesce al primo colpo. E per 5 sterline, si fa anche un affare.

7. Jamie Oliver: è un po' sottotono, ultimamente, e ci sta che prima o poi la sua vena creativa si esaurisse: non si è rinnovato, si è un po' fossilizzato sulla cucina veloce, ultimamente ha anche parecchio da fare con l'evangelizzazione, ma non per questo va dimenticato, anzi: il suo libro sulla cucina britannica era stato una delle sorprese più belle del 2012 e trovarlo scontato del 60% è un'altra di quelle occasione per cui vale la pena di rompere il salvadanaio. Oliver fa anche dei bei lbri, dal punto di vista dell'oggetto e la sua grafica contaminata ha fatto scuola, checché se ne dica: oggi è scaduto un po' nel patinato, ma questo titolo appartiene ancora ai bei tempi. Di nuovo, dovete amare la cucina britannica, per desiderarlo: ma non ve ne pentirete.

8. Gordon Ramsay: ecco uno che, a dispetto dei natali, di british ha pochissimo, a cominciare dal rispetto dell'etichetta e a finire con un tipo di cucina di chiara vocazione europea. Anche se non è ancora finito sotto le grinfie dello SB, Ramsay è un autore di grandissima affidabilità e pure di spessore, anche e soprattutto nei suoi ultimi libri, che rinunciano ad un apparato fotografico completo in favore di un testo sempre più esplicativo, approfondito, esauriente. Diversissimo dal personaggio televisivo, il Ramsay autore è serio, composto, affidabile, quasi al limite della noia, come spesso capita per tutti i professionisti che si rispettino. Il libro scontato di febbraio è il suo Corso di cucina base, tenuto davanti alle telecamere di Channel 4 e ora approdato sulla carta- e venduto a 5 sterline. In attesa di un verdetto dello SB (che prima o poi, arriverà), vale la pena rischiare...

E ora, odiateci pure...

domenica 23 febbraio 2014

1594 - BACCALÀ CON I PEPERONI ALLA NAPOLETANA - GOSETTI DELLA SALDA



Ho scelto questo piatto al buio, semplicemente perché amo molto il baccalà in tutte le sue forme, e l'idea di accompagnare il sapido del baccalà con la dolcezza dei peperoni mi sembrava perfetta, un vero uovo di Colombo.
In effetti si è rivelata tale, e consiglio davvero di provare questa ricetta, che è quasi un baccalà alla livornese con la peperonata.

Il fatto che mi piaccia il baccalà lo considero un segno di speranza sulla possibilità di educare il gusto, e lo ripeto a tutti quelli che hanno figli che mangiano solo poche cose.
Io da piccola mangiavo pochissime cose, e il baccalà l'ho scoperto da adulta. Molto adulta, dopo i trent'anni.
Eppure adesso lo amo tantissimo, e ogni volta che trovo una ricetta nuova mi viene un'irresistibile voglia di sperimentarla, come in questo caso.
Peraltro via via che studio questo libro me ne innamoro sempre di più, ci sono un sacco di curiosità, di ricette interessanti, di ingredienti che oggi definiremmo eccellenze del territorio, e all'epoca cosa fossero le eccellenze di sicuro non lo sapevano, e la cucina del territorio era davvero misteriosa.



1594 - BACCALÀ CON I PEPERONI ALLA NAPOLETANA
Anna Gosetti della Salda, Le ricette regionali italiane,  Casa Editrice Solaris - p. 812
(Per quattro porzioni)
Ingredienti
800 g di baccalà (già ammollato)
400 g pomidori freschi da sugo (io non essendo stagione li ho sostituiti con un barattolo di pelati di buona qualità)
farina bianca (io farina di riso)
5 peperoni verdi e gialli (io rossi e gialli)
2 grosse cipolle
1 manciata di prezzemolo
un pezzettino di peperoncino rosso piccante
olio d'oliva
sale

Preparazione
Raschiare la pelle al baccalà, tagliarlo a pezzi di tre o quattro centimetri e diliscarli bene. Risciacquarlo in acqua corrente e poi asciugarlo: infarinare tutti i pezzetti e friggerli in olio bollente.
Abbrustolire direttamente sulla fiamma i peperoni: quando la pellicina sarà bruciacchiata raschiarla via bene, indi dividere i peperoni a metà, svuotarli, asciugarli e tagliarli a strisce non troppo larghe (io invece ho mondato e lavato i peperoni crudi, li ho divisi in grosse false e abbrustoliti sulla gratella del pane dal lato della buccia. Via via che le falde erano ben bruciacchiate le ho messe in un sacchetto e alla fine ho tolto le pellicine senza alcuna difficoltà).
Versare in un largo tegame di terracotta l'olio usato per friggere il baccalà (si dovranno avere circa 100 g di olio, se fosse meno unirne altro fresco), aggiungere le cipolle affettate e farle soffriggere a fuoco lento.
Nel frattempo pelare i pomidori, scartare i semi e poi spezzettarli; metterli nel tegame appena la cipolla sarà di un bel colore biondo (io ho usato i pelati, perché in questa stagione i pomodori da sugo non ci sono).
Salare quando si vedrà che tutta l'acqua dei pomodori è scomparsa (io non ho salato perché mi aspettavo, come infatti è stato, che il baccalà fosse piuttosto salato) e si noterà soltanto l'olio; aggiungere i peperoni, il prezzemolo tagliuzzato e il pezzettino di peperoncino rosso.
Lasciare appassire i peperoni e sistemare nel recipiente il baccalà, incorporare e farlo stufare dolcemente per circa 10 minuti.
Si serve sia caldo che freddo.


MIE NOTE
  • La nota principale è che è buonissimo: il sapido del baccalà si sposa perfettamente con il dolce dei peperoni, completandosi a vicenda.
  • Io ho dovuto usare i pelati al posto dei pomodori da sugo avendo fatto questo piatto di febbraio. Sicuramente usare i pomodori da sugo l'avrebbe reso ancora più buono, ma devo dire che anche così non ha sofferto più di tanto: in fondo si tratta di un baccalà alla livornese con una peperonata, e la peperonata si può fare anche con i pelati
  • penso che si potrebbe fare anche con i peperoni non arrostiti, ma dato che è un piatto non certo leggere già di suo, renderlo un po' più digeribile eliminando la buccia dei peperoni mi sembra un'ottima idea. E poi i peperoni arrostiti sono decisamente più buoni...
  • L'unica vera osservazione alla ricetta così com'è proposta dal libro riguarda la salatura: salare la peperonata PRIMA di aggiungere il baccalà mi sembra una scelta un po' ardita, visto che spessissimo il baccalà risulta parecchio salato. Meglio eventualmente aggiustare di sale dopo.

sabato 22 febbraio 2014

1849 - SPAGHETTI AL RAGÙ DI TOTANO - GOSETTI DELLA SALDA



ragù di totani

Mi è piaciuta moltissimo, ve lo confesso, l'idea che ha preso il via a gennaio, di confrontarci, oltre che con lo starbook del mese, anche con i testi classici della cucina; in questi, le ricette sono  spesso scritte in modo molto stringato, quasi sempre senza foto che le descrivano agli occhi e con indicazioni decisamente essenziali. Anche i pesi o le quantità sono specificate solo per gli ingredienti principali: per il resto ci si deve ispirare al nostro personale buonsenso di cuoche, di persone, cioè, che quotidianamente devono preparare pranzo e cena per la famiglia o gli amici. Decisamente il compito non è semplicissimo: siamo ormai abituate a ricettari con molte illustrazioni, che facilitano la preparazione, spesso più utili delle parole, nel caso queste non siano particolarmente chiare :-) 

Bene, qui si inverte il processo: si prova, si valuta con tutti i sensi, si cerca di intuire quale sarà il sapore finale, basandoci sulle nostre esperienze, sui gusti personali e sull'olfatto, oltre che su gusto e vista.

Ho scelto questa ricetta in particolare, spaghetti al ragù di totano, perché in famiglia ho commensali appassionati del profumo del mare e dei molluschi in particolare, totani fra tutti. Anzi, spesso mi è capitato di cucinare quelli freschi ed eccellenti procuratemi da battute di pesca di marito e cognato, più divertenti per loro, in realtà, che proficue, nella maggioranza dei casi. E' una ricetta che proviene da una regione all'estremo opposto della mia, rispetto al territorio italiano: la splendida Calabria, che in comune con noi liguri ha un mare meraviglioso, che alla cucina regala sapori e profumi decisi.

Ho poi apprezzato molto l'idea di preparare, con un solo procedimento, il primo e il secondo piatto o, in alternativa, un piatto unico sostanzioso, per un pranzo ricco e saporito. Come vi dicevo le indicazioni sono un po' ridotte all'osso, ma il risultato finale premia della scelta: eccellente risultato, semplice e piacevolissimo. Vi ho aggiunto, tra parentesi, i pesi indicativi di cipolla e salsa di pomodoro che ho adoperato.

Spaghetti Al Ragù Di Totano


ragù di totani

Ingredienti per 4 persone

800 g piccoli totani 
400 g di spaghetti
100 g olio di oliva
una cipolla (175 g circa)
basilico 1 rametto di (timo per me)
2 spicchi d'aglio
salsa di pomodoro (120 g circa)
zucchero (1 cucchiaino scarso)
sale


Immagine da qui
Pulire i totani poi, usando le forbici, tagliarli ad anelli, metterli in un tegame di terracotta, salarli leggermente e mettere il recipiente sul fuoco. 
Si può alternativamente preparare il ragù con polpi e seppie: anche le seppie si tagliano ad anelli, mentre i polpi a pezzetti.

Quando l'acqua che si sarà formata sarà tutta consumata, versare sui totani l'olio, la cipolla tagliuzzata e gli spicchi d'aglio interi. Far rosolare molto bene i totani e quando si vedranno dorati e la cipolla sarà appassita, versare 1 cucchiaiata di salsa di pomodoro, tre foglie di basilico e un pizzico di zucchero. Mescolare e proseguire la cottura a fuoco lento. Quando si noterà che la salsa si divide dall'olio, unire un po' do acqua calda e proseguire la cottura sempre a fuoco basso. Lessare come al solito gli spaghetti e poi scolarli e condirli con il sugo, mescolando con cura: servire gli anelli di totano come seconda portata.

Qualche piccolo chiarimento personale: ho usato una cipolla dorata media (175 g) l'ho tritata con la vetusta mezzaluna, che in queste ricette tradizionali cade come il cacio sui maccheroni e ho utilizzato 5 o 6 cucchiaiate di salsa di pomodoro (circa 120 g), anziché 1, perché volevo un'abbondante razione di sugo.

Senza apportare praticamente alcuna correzione ho ottenuto un condimento eccellente. Confesso che, avendo utilizzato totanetti piccoli, ho preferito usare anche loro per condire gli spaghetti: proprio come un ragù, pesce e salsa insieme, per un ottimo piatto unico. 

Mi ha divertito questo procedimento direi' "a rovescio", rispetto a quello che ho sempre utilizzato: l'idea di mettere prima i totanetti e farli cuocere nella propria acqua è ottima e rende i molluschi morbidissimi e mantiene loro un ottimo sapore e profumo.

Unico appunto, come dicevo prima, una certa vaghezza sui tempi e su un paio di pesi, ma ci si può regolare ad occhio, obiettivamente. 

Buona giornata a tutti

venerdì 21 febbraio 2014

174 - CRUMIRI DEL MONFERRATO - GOSETTI DELLA SALDA

La ricetta che ho scelto dalla bibbia della cucina regionale della Gosetti della Salda ha a che fare con il mio biscotto preferito, quello che ricordo di aver mangiato fin da piccolissima, quando ci arrivava in dono nelle classiche scatole di latta rossa che mi madre conservava per riporre cartoline, bottoni, medicine...I Crumiri non smettono mai di piacermi ma non ho ancora avuto l'opportunità di assaggiarne di artigianali per capire la differenza con quelli che conosco da sempre.
Tra le millanta ricette di questo portentoso volume, la prima che mi è venuta alla mente senza neanche pensarci un nanosecondo è stata proprio quella dei Crumiri, per togliermi una volta per tutte la curiosità.
C'era però un unico ostacolo che mi separava dal desiderio di addentare uno di questi meravigliosi biscotti ed era di natura tecnica: come diavolo avrei fatto ad ottenere quegl'inconfondibili tronchetti rugosi e rustici senza una trafila a stella?
Interpretando mentalmente la ricetta, sapevo già che la consistenza dell'impasto non sarebbe stata quella della frolla montata, così semplice da utilizzare in un sac a poche. In effetti la Gosetti parla di siringa da pasticceria.
In secondo luogo non sono stata neanche in grado di trovare una bocchetta a stella sufficientemente grande perché quella da 1 cm, vi dico fin da adesso, è troppo piccola.
Ci vuole una da 12 mm se non oltre.
L'impasto è morbido ma comunque non semplice gestire se l'imboccatura del vostro beccuccio è piccola. La soluzione ultima sarebbe stata quella di comprare una sparabiscotti, ma da sempre appartengo al partito del "biscotto a mano".
Ho rovesciato il cassetto delle caccavelle cercando una soluzione e quando ormai stavo per gettare la spugna, l'occhio mi è caduto sulla rigagnocchi.
Da lì, il resto è storia: ho rotolato i miei cilindetti di pasta sulla tavoletta di legno e li ho trasferiti delicatamente con una spatola sulla placca da forno. Poi li ho lasciati un'ora buona in frigo affinché non perdessero la forma. Il risultato è quello che vedete.
Poche parole sui Crumiri: sono biscotti tipici del Monferrato ma si trovano su tutto il territorio piemontese e molte sono le versioni.
La Gosetti riporta in ricetta la farina di mais, quando invece in molte versioni non è presente. Personalmente ho molto amato il risultato ottenuto, che mi ricorda molto da vicino le paste di meliga.
Ho eliminato la vanillina sostituendola con semi di vaniglia (la vanillina era l'aroma delle nostre mamme ma io la detesto cordialmente), ed ho cercato il migliore burro che ho trovato perché il successo di queste frolle parte tutto da lì.
Un altro elemento fondamentale è la cottura e qui dovrete tenere l'occhio sul vostro forno. Io ho cercato di colorarli un po' di più perché risultano più croccanti. Ma con il mio forno, in 18 minuti erano abbronzati, in 20 bruciati. Quindi monitorate con attenzione perché la temperatura è sostenuta.
La Gosetti racconta che in alcune versioni si utilizzano aromi diversi, come il limone o il cacao ed il miele. Sul miele ho la netta sensazione che sia l'ingrediente segreto, perché la mia memoria gustativa ne conserva una vaga sensazione.
Provateli: io terrò cara questa ricetta.

Ingredienti
280 g di farina gialla finissima
280 g di burro
200 g di farina bianca
160 g di zucchero
4 uova (solo tuorli)
1 bustina di vanillina (sostituita da semi di vaniglia in bacca)
burro e farina per la placca.

Mescolare insieme le due farine (qualora la farina di mais non sia finissima, consiglio di frullarla per un attimo nel cutter per ottenere una polvere), lo zucchero e le bacche di vaniglia, versando poi tutto sulla spianatoia.
Incorporatevi i quattro tuorli ed il burro. Lavorate bene la pasta  e fatene una palla. Avvolgetela nella pellicola e fatela riposare per c.ca mezz'ora (non specifica se in frigo - io ci ho passato i biscotti una volta preparati).
Dividete poi la pasta in due o tre pezzi , prendere un pezzo alla volta, arrotolarlo a forma di salsicciotto e mettetelo in una siringa da pasticceria, applicando il disco con il motivo a stella.
Infarinate leggermente la spianatoia e fate uscire dalla siringa del cannelli rigati, tagliando poi questi pezzi lunghi circa 10 cm. Appoggiate delicatamente i pezzetti di pasta sulla placca del forno imburrata ed infarinata, dando loro la forma di una mezza luna appena accennata.
Cuocete i Crumiri in forno ben caldo (200°C) lasciandoli fino a quando avranno preso un bel colore biondo (cc.a 20 minuti). Chiusi in scatole di latta si conservano benissimo.



giovedì 20 febbraio 2014

2076 - MALLOREDDUS - GOSETTI DELLA SALDA


A Gennaio, per il primo appuntamento con i Classici dello Starbooks, la nuova rubrica che "rispolvera" i libri di cucina che sono alla base della nostra cucina, e che da Gennaio a Marzo è il bellissimo libro di Anna Gosetti della Salda: Le Ricette Regionali Italiane, non mi sono spostata molto da casa, visto che sono rimasta in Lombardia. Regione in cui sono nata, e dove c'è una parte delle mie origini. Ma l'altra metà del sangue che scorre nelle mie vene è sardo. Ed è nella meravigliosa Sardegna che vi vorrei portare con la ricetta che ho scelto, e che viene considerata la più tradizionale della cucina sarda: i Malloreddus, o meglio Is Malloreddus, per dirlo proprio alla sarda. Ma nella stessa Sardegna, Is Malloreddus cambiano nome a seconda delle zone in cui si preparano. Li troverete anche con il nome di Maccarones cravaos o Aidos o Ciciones, mentre in italiano vengono chiamati Gnocchetti Sardi. Un piccola curiosità sull'origine del nome. Malloreddus è il diminutivo di Malloru - toro- quindi i Malloreddus sono i vitellini ;)

Ricordatevi  l'appuntamento con lo Starbook Redone di Febbraio, avete tempo per pubblicare le vostre ricette fino al 26 Febbraio compreso. Vi aspettiamo!!!


2076- Malloreddus (maccarones cravaos o aidos o ciciones)
Anna Gosetti della Salda, Le Ricette Regionali Italiane

in corsivo le mie note

Ingredienti per 6-8 persone

pomodori freschi  (o pelati) 1 Kg
farina di semola 600 g
salsiccia del Campidano 50 g
una cipolla
3 foglie di basilico
uno spicchio d'aglio
formaggio Pecorino grattugiato
una puntina di zafferano
poca farina bianca
olio d'oliva (extravergine)
sale e pepe

Impastare la farina di semola con un pizzico di sale e poca acqua tiepida nella quale si sarà sciolto lo zafferano. Lavorare con cura fino a ricavarne un impasto ben legato e piuttosto sodo. Mio consiglio: non fatevi tentare dall'aggiungere troppa acqua, l'impasto deve essere ben sodo (dopo il riposo sarà più morbido e malleabile), questo permetterà di ottenere una pasta di una certa consistenza, che manterrà la forma anche in cottura, ed è così che dev'essere. Quando l'impasto sarà pronto (la Gosetti non scrive che l'impasto va fatto riposare) staccare un pezzetto di pasta e arrotolarla sotto le mani facendo un piccolo bastoncino avente una circonferenza di mezzo centimetro; infarinarlo e staccare con il pollice dei minuscoli pezzetti della lunghezza di un fagiolo (io li ho tagliati con un coltello). Mentre si staccano, premerne uno per volta su un setaccio dal fondo di refe ritorto, facendoli rotolare sì che risultino arricciati. Proseguire in questo modo sino ad aver esaurito tutta la pasta. Lasciarli asciugare uno o due giorni. Il setaccio a cui si riferisce la Gosetti, non è quello che si intende comunemente, ma è un cestino di paglia rigato, che veniva usato in passato. Ormai quasi tutti formano i Malloreddus con il classico riga gnocchi di legno. Sul libro c'è un disegno degli gnocchetti, formati utilizzando il retro di una grattugia, il risultato è quello che vede qui sotto ;) Anche l'utilizzo dello zafferano direttamente nell'impasto oggi è meno usuale; la tendenza è quella di aggiungerlo al condimento. Io l'ho messo sia nell'impasto che nel condimento ;) La Sardegna è una delle pochissime regioni italiane in cui si coltiva il prezioso zafferano.


Preparare il sugo mettendo in una casseruola la salsiccia spezzettata e due cucchiaiate d'olio, unire la cipolla tritata, l'aglio schiacciato - che andrà poi tolto - e il basilico; rosolare bene gli ingredienti, poi unire i pomidori pelati e fatti a pezzi. Mettere sul fuoco una pentola contenente acqua salata e, quando si alzerà il bollore, lessare i Malloreddus, scolarli e condirli col sugo e con formaggio Pecorino grattugiato. Il condimento si prepara anche unendo al soffritto della carne macinata.
Il tempo di cottura della pasta, se fatta seccare come indicato nella ricetta, è di 14-15 minuti circa. Se preferite cuocerla subito, abbreviate il tempo di cottura... vale sempre la prova assaggio!
Con 200 g di farina ho ottenuto due porzioni di pasta, ma abbiamo mangiato solo quello, dato che per il sugo ho utilizzato tutti i 50 g di salsiccia previsti dalla ricetta...
Della "poca farina" e del "pepe" indicati tra gli ingredienti non c'è traccia nel procedimento... Il pepe utilizzatelo nel sugo. Della "poca farina" non saprei cosa dirvi, io non l'ho utilizzata...
Questo formato di pasta è piuttosto semplice da realizzare, ed è molto divertente.. basta un pizzico di manualità :)
Con un buon bicchiere di vino, magari del Cannonau, giusto per rimanere in Sardegna, avrete un pranzo da Re! 

mercoledì 19 febbraio 2014

2057 - MAZARESI AL PISTACCHIO - GOSETTI DELLA SALDA


Se per la prima ricetta del Classico che ho realizzato sono andata in Piemonte, questo mese ho deciso di scendere nella Terra dei miei Avi, la Sicilia.
Sfogliando il libro l'occhio mi è caduto sulla ricetta di dolcetti della mia città d'origine, Mazara del Vallo. Come non provarli?
La prima cosa che mi ha colpita (e non in positivo, devo ammetterlo) è stata l'elevatissima quantità di tuorli: se già i pistacchi, semi oleosi, sono grassi, aggiungere 11 tuorli non contribuisce alla dieteticità della ricetta. Poi però mi sono detta che le nostre ricette tradizionali sono spesso molto ricche di grassi e zuccheri: all'epoca non vi era l'ossessione della linea come adesso, e anzi nella mia Sicilia una donna in carne era considerata più bella di una magra, anche perché dimostrava la prosperità della sua famiglia, in un'epoca in cui non vi era l'abbondanza di cibo che c'è adesso.
Insomma, ho voluto provare la ricetta eseguendola pedissequamente e ne sono stata davvero molto soddisfatta.


MAZARESI AL PISTACCHIO
Da: Anna Gosetti Della Salda - Le ricette regionali italiane - Solares


Per circa 20 Mazaresi

200 g pistacchi sgusciati
150 g zucchero semolato
75 g farina 00
75 g fecola di patate
11 tuorli
3 albumi
1 arancia non trattata (scorza)
sale
burro per imburrare gli stampini


Mettere sul fuoco un pentolino con acqua salata; quando bolle spegnere e buttare i pistacchi nell'acqua (il sale serve a mantenere il loro color verde) e levare la pellicina che li ricopre.
Appena saranno pronti farli asciugare per 5 minuti in forno.

Preriscaldare il forno a 150 °C.

Pestare i pistacchi nel mortaio, unendo un poco di zucchero prelevato dal totale (io ho usato il robot da cucina con il tasto pulse, per non far fuoriuscire l'olio dai pistacchi).
Quando saranno ridotti in polvere versare tutto quanto in una terrina, unire il rimanente zucchero e amalgamarvi, uno per volta, tutti i tuorli (mettendo in una scodella a parte 3 albumi) incorporandoli perfettamente. Unire poi, sempre mescolando, la farina, la fecola e la scorza dell'arancia grattugiata.
Montare a neve sodissima i tre albumi (io ci ho aggiunto un pizzico di sale) e amalgamarli al composto con delicatezza.
Imburrare bene degli stampini ovali e riempirli con il composto.
Cuocere per 25 minuti a 150 °C, così che mantengano inalterato il loro colore verde.
Servirli freddi accompagnandoli con Malvasia o Passito di Pantelleria.

Note:

Le uova devono essere freschissime, preferibilmente da allevamento a terra: essendocene così tante infatti, se fossero meno che fresche il sapore finale ne risentirebbe.

Contrariamente alla stragrande maggioranza dei dolci siciliani, questi Mazaresi sono poco dolci; perfetto l'abbinamento con il profumato Passito di Pantelleria, che esalta il sapore dei pistacchi.

Avevo in casa solo 100 g di pistacchi sgusciati, quindi ho dimezzato le dosi. Questo mi ha posto il problema di dimezzare i tre albumi da montare a neve. Ho risolto usando l’albume di 1 uovo medio e quello di 1 uovo grande (peso totale col guscio: 75 g).

Il metodo migliore per incorporare gli albumi a un impasto è quello di metterne prima circa 1/3 e amalgamare col cucchiaio di legno con un movimento delicato dal basso verso l'alto, ruotando la ciotola di 1/4 di giro ad ogni movimento. Questo ammorbidisce l'impasto; versare i restanti albumi montati a neve nella ciotola e incorporarli delicatamente: l'impasto ammorbidito in precedenza si amalgamerà più facilmente e non si smonterà.

La Gosetti non indica le dimensioni degli stampini, dice solo che quelli tradizionali sono ovali. Io di stampini ovali non ne avevo, così ho usato quelli quadrati in silicone.

Pur avendo in casa la farina di pistacchi, che compero ogni anno in Sicilia, ho voluto provare il procedimento dall’inizio per verificarne tutti i passaggi. Se però avete in casa la farina di pistacchi usatela: risparmierete tempo. J

Ho visto in rete fotografie con Mazaresi verdissimi all'interno; a me tutti i dolci con pistacchi in forno perdono il colore verde brillante. Non ho ancora capito se questo dipenda dalla qualità dei pistacchi che uso io, o dai coloranti usati da altri...

martedì 18 febbraio 2014

PANISCIA (RISOTTO ALLA NOVARESE)- GOSETTI DELLA SALDA


Finalmente una ricetta con il nome giusto : "paniscia" , così si chiama questo piatto della tradizione novarese conosciuto e apprezzato.
E’ un piatto antico e contadino che ha mille versioni , anche la Gosetti riporta infatti una variante possibile : quella di aggiungere i porri , che personalmente non avevo mai sentito.
Ogni famiglia ha la “sua” paniscia e anch’io ho la mia che si discosta di pochissimo da quella presentata dalla nostra autrice .
Diciamo che io la faccio leggermente più light : non metto né lardo e né cotenna ma gli altri ingredienti li confermo tutti.
A volte aggiungo sia il salame della duja che un pezzo di mortadella di fegato che regala un sapore più intenso.
Anche se la mangiate nelle trattorie della zona non troverete mai una paniscia uguale all’altra : ci sarà quella che avrà più fagioli, un’altra che saprà più di verza, un’altra sarà più ricca in verdure e un’altra più di salumi

Paniscia
Per 4 persone

Ingredienti:
300 gr riso (carnaroli)
100 gr. Salame d’la duja (o mortadella di fegato)
50 gr cotenne di maiale
50 gr lardo
50 gr. Burro
1 bicchiere di vino rosso
Sale 
Pepe

Verdure: 
200 gr fagioli borlotti (freschi, già sgranati) 
Una costa di sedano
Una carota
Mezza verza 
Alcuni pomodori da sugo
Una piccola cipolla

Lavare e tritare grossolanamente tutte le verdure e poi metterle (esclusa la cipolla) in una grande casseruola. Unire le cotenne tagliate a listarelle ed i fagioli : versare sulle verdure un litro e mezzo di acqua. Salare e pepare, incoperchiare il recipiente e far cuocere per circa due ore (in talune famiglie viene aggiunta una massiccia dose di porri).
Nel frattempo tritare il lardo, il salame e la cipolla. In un capace recipiente mettere il burro e farlo soffriggere con la cipolla, il salame e il lardo. Unire il riso, rosolarlo bene bagnandolo ogni tanto con il vino rosso, poi aggiungere, sempre poco alla volta, il minestrone preparato, verdure comprese.
Quando il riso sarà quasi pronto, levare il recipiente dal fuoco, far riposare la paniscia per cinque minuti, quindi peparla ancora e servirla immediatamente.

Nota dell’autrice  : il nome “duja” significa : orcio. E’ in esso che questo salame viene conservato ricoperto di strutto fuso . Con tale antico metodo di conservazione il salame mantiene la sua morbidezza così da sembrare sempre presco.

Nota mia : il salame della duja  prima di essere utilizzato va pulito da tutto lo strutto e va tolta la pelle. Fa parte del classico antipasto novarese composto , oltre che da questo salame, anche dalla mortadella di fegato  serviti con  sottoaceti fatti in casa  e dal cotechino e dal marzapane (sorta di "insaccato"  tipico della zona, preparato con sangue di maiale, lardo, pane ) caldi .

Piatti ricchi , calorici e sostanziosi per combattere con piacere mangereccio,  le giornate umide, fredde e nebbiose della piatta pianura padana.

Ci si scalda  mangiando , bevendo ottimi vini possibilmente in compagnia di amici del cuore!

lunedì 17 febbraio 2014

VIENNESE TARTLETS PER LO STARBOOK REDONE DI FEBBRAIO 2014



Ecco la prima partecipazione, questo mese, allo Starbooks Redone di Febbraio di una lettrice senza blog.
Vi ricordo che si richiede di realizzare una ricetta con spirito critico e dandone una valutazione oggettiva a seconda del risultato ottenuto, in puro spirito Starbooks ;)



Mi chiamo Eleonora sono appassionata di cucina (senza blog) e seguo da tempo lo Starbooks.
Ogni mese aspetto con trepidazione l'annuncio del nuovo libro che metterete sotto esame e sarei felicissima di farne parte per una volta.
Vorrei partecipare al redone di questo mese proponendovi le mie Viennese Tartlets dal libro Delia's cake di Delia Smith.



Viennese Tartlets di Delia Smith
(tra parentesi le mie modifiche)
Per 12 tortine

Burro morbido 175 g
Zucchero a velo 60 g più quello per spolverare
Estratto di vaniglia 1 cucchiaino ( io l'ho sostituito con la scorza di limone, circa un cucchiaino)
Farina con lievito 150 g (io 150 gr di farina 00 e mezzo cucchiaino di lievito per dolci)
Maizena 40 g
Marmellata di ciliegie o altra a piacere 4 cucchiai ( io lemon curd home-made)



Mescolare il burro con lo zucchero a velo e l’estratto di vaniglia (per me la scorza) con un cucchiaio di legno fino a formare un composto morbido e cremoso. Aggiungere la farina e la maizena setacciate fino a avere un composto morbido e compatto. Dividere l’impasto in 12 pirottini da muffin e metterli in una teglia da muffin da 12 o 2 da 6.

Con il dorso di un cucchiaino (ho avuto difficoltà ad eseguire questo passaggio come descritto, ho creato la "nicchia" con le dita e non ho avuto problemi), passato brevemente sotto l’acqua, fare uno spazio nel centro delle tortine spingendosi in basso per circa due terzi. Mettere le tortine in forno preriscaldato a 180°C per 20 minuti o fino a doratura, senza preoccuparsi se nel centro rimangono morbidi. Togliere dal forno e far raffreddare su una griglia per 15 minuti. Riempire il centro di ogni tortino con la marmellata (io lemon curd) e lasciar finire di raffreddare. Poco prima di servire spolverare di zucchero a velo. Non importa se lo zucchero a velo oscura la marmellata-presto sarà assorbito in modo da ritrovare le deliziose piccole macchie rosse al centro. Conservare in un contenitore ermetico.(non ce n'è stato bisogno, sono stati letteralmente spazzolati via!!!)

Quando ho visto queste tartlets per la prima volta su starbooks ho subito avuto voglia di rifarle e di sostituire la marmellata con del lemon curd! Il mio ragazzo ed io siamo addict del lemon curd, quindi ho deciso di sfornare queste delizie proprio per S. Valentino. Un successo!

Dopo aver letto i vari commenti alla ricetta non avevo dubbi sulla realizzazione dei dolcetti, nonostante ciò ho avuto qualche dubbio sull'impasto. La ricetta parla di impasto morbido e cremoso, il mio aveva l'aspetto di un frolla molto morbida, ma il risultato è stato perfetto. L'abbinamento con il lemon curd è celestiale, inoltre molto british!!! Sicuramente da rifare, magari con del salidou per dare un aria piu francese!!

Eleonora

N. 195 -FOCACCIA ALL'OLIO ALLA GENOVESE- GOSETTI DELLA SALDA




Come si è diceva una settimana fa, presentando Le Ricette Regionali Italiane di Fernanda Gosetti della Salda, è praticamente impossibile non imbattersi in qualche ricetta che non corrisponda a quella di casa propria. Il "mantra" con cui  di solito si affronta il tema della cucina regionale, infatti, è "cucina che vai, ricetta che trovi" e mai luogo comune ebbeun fondamento tanto veritiero come quello appena citato. 
La sottoscritta non fa eccezione: e così, dopo aver eseguito pedissequamente un piatto a me sconosciuto come la Coda alla Vaccinara, con piena soddisfazione sia mia, che l'ho cucinata, sia di mio marito, che l'ha mangiata, ho ceduto alla tentazione di sfidare sul campo l'autrice- e di farlo con il mostro sacro della gastronomia genovese, vale a dire la focaccia. 

Che, come ho ripetuto ad nauseam in questi anni, è un unicum nel variegato panorama delle focacce italiane: la sua caratteristica principale è infatti quella di essere croccante sopra e morbida sotto, dorata in superficie e pallida sul fondo e ricoperta da una serie di "fossette" abbastanza regolari, nelle quali si annidano i sae grosso e l'olio, rigorosamente extravergine, con cui noi Genovesi infrangiamo la regola che ci vuole parchi e parsimoniosi, irrorando a profusione la teglia e l'impasto, prima di metterlo in forno.

Il segreto, quindi, è tutto lì, nella lavorazione finale: tant'è che una ricetta codificata di focaccia neppure esiste, a conferma di come il trucco non stia nelle dosi del'impasto quanto nella scelta degli ingredienti e nelle fasi che precedono la cottura. Saltate queste- e avrete una focaccia qualunque. Seguitele con attenzione- e potrete gustarvi una perfetta focaccia genovese, anche se vi trovate a migliaia di km dalla mia città. 




FOCACCIA ALL'OLIO
ingredienti
pasta da pane lievitata
olio d'oliva
sale
Acquistare nel quantitativo desiderato della pasta da pane già lievitata. Stenderla in modo uniforme in una tortiera precedentemente unta di olio e spolverizzata di sale; spolverizzate di sale anche la pasta, pizzicatela in superficie ed ungerla con abbondante olio. Mettere la tortiera in forno caldo a 200° e lasciar cuocere la "focaccia" fino a quando sarà colorita. Si può servire calda o tiepida. 
Varianti: in alcune parti della Liguria vengono aggiunti dei semi di finocchio o, come a Sanremo, della cipolla affettata molto finemente"

Così parlò la Gosetti e, se avete letto la premessa, potete facimente immaginare la mia delusione. 

Che però non riguarda la serietà dell'autrice, anzi: la ricetta che lei riporta è pressoché identica a quella trascritta da Giovanni Battista Ratto,  ne La Cuciniera Genovese, edita nel 1863: "Ungete d'olio il fondo di una tegghia, poscia spolverizzatelo di sale; prendete quindi unpane di pasta lievitata e schiacciateo addosso, tanto che venga a coprire tutta quanta la tegghia, pizzicatene la superficie, che poscia aspergerete di olio e di sale, indi fatela cuocere in forno, oppure in casa a forno di campagna"

Lo stesso procedimento si trova anche nell'altra Cuciniera, quella scritta dal livornese Emanuele Rossi, di poco successiva alla prima, in cui si legge: "Prendete tanta pasta lievitata da far pane, quanta ve ne abbisogna; distendetela uniformemente in una teglia (il fondo della quale avrete prima unto con olio e poi cosparso di sale) pizzicatene la superficie colle dita, spargetevi sopra altro sale ed olio e fatela cuocere al forno"

Quindi, dal punto di vista della serietà, nessuna pecca, anzi: la Gosetti consulta i testi antichi, forti di una autorevolezza fuori discussione come sono appunto le Cuciniere e, per così dire, si fida. 

Quello con cui non fa i conti l'autrice è che la focaccia descritta da queste fonti non è l'attuale focaccia che ci dà i buongiorno al mattino, pucciata nel caffelatte, e ci accompagna fino all'aperitivo o alla cena, nel cestino del pane: prova ne è, fra le altre, l'assenza dei "buchi" (noi li chiamiamo "ombrisalli", ombelichi"), sostituiti da non ben precisati "pizzicotti", oltre alla generica indicazione dell"olio d'oliva" al posto dell'insostituibile extravergine. E l'insistenza non è pedanteria: se mai c'è un ingrediente che fa la differenza, in questa preparazione, è proprio questo. Se non ci credete, verificate sul campo: ve ne accorgerete al primo morso. 



Tornando alla Gosetti, allora, com'è che prende una cantonata del genere? 
La risposta è molto più semplice di quanto possa sembrare: la Gosetti prende una bella cantonata perchè suppone che la focaccia genovese sia, al pari delle altre ricette raccolte, una preparazione antica. 
Cosa che invece non è. 
O meglio: non lo è, nelle forme caratteristiche in cui la conosciamo oggi che si diffusero solo nel secolo scorso e che subirono modifiche fino a qualche decennio fa (la cottura in salamoia, per esempio, è un prodotto della fine degli anni Settanta-primi anni Ottanta): prima di allora, il termine "focaccia" era generico e riguardava un po' tutte le preparazioni che vengono etichettate con questo nome, comprese anche quelle dolci. E al tempo delle Cuciniere, era ancora così. 

Passando alla prova pratica, ho barato spudoratamente
1. la "pasta da pane lievitata" è stata preparata con 500 g di farina, 250-280 ml d'acqua, 10 g di lievito e un bel po' di sale fino ed è stata fatta lievitare per 4 ore, la prima volta, in due recipienti separati;
2. poi ho preso due teglie rettangolari, le ho unte di olio extravergine (quello del frantoio) come se non ci fosse un domani e ho versato i due impasti, uno in una tegia, uno in un'altra, senza sgonfiarli sulla spianatoia. 
3. armandomi di santa pazienza, con le dita, ho allargato la pasta sulla teglia, aspettando qualche minuto fra un allargamento e l'altro. 

(QUI, HO PROVATO A DARE I PIZZICOTTI...)

4. Poi ho spolverato la superficie con sale grosso da cucina e ho premuto con i polpastrelli di entrambe le mani , delicatamente, su tutto l'impasto: non si deve bucare, ma solo avvallare, leggermente. Ho poi irrorato con olio e acqua, in parti uguali (circa 70 ml in tutto, per ogni teglia)
5. ho fatto lievitare nel forno spento per un'altra ora- ma ce ne sarebbero volute due, è che ho iniziato tardi. 
6. ho tirato via le teglie e ho acceso il forno a 230° C, modalità statica
6. ho infornato per una ventina di minuti. Negli ultimi 5 minuti, ho spennellato la superficie con ulteriore olio, per altre tre volte. 
Alla fine, eccola qua, bella bassa come piace a noi...



Questo è, dunque, il procedimento per la "vera" focaccia alla genovese, così come la intendiamo oggi: e se mai ci fu "errore" nel libro, è stato quello di un'eccessiva fiducia nelle fonti. Come dire, che se invece di rinchiudersi in una biblioteca, la Fernanda fosse scesa a prendersi un po' di aria di mare, magari condividendo con noi il rituale della focaccia calda, pucciata nel cappuccino, avrebbe capito che, qualche volta, l'esperienza vale più dei sacri testi...

domenica 16 febbraio 2014

TIRIAMO LE SOMME- MOLTIPLICATE PER DUE!



... e sommiamoci anche le scuse per la distrazione del mese passato, legata all'entusiasmo da "come-ti-rivoluziono-il-palinsesto" che ha fatto che che saltasse lo spazio del "tiriamo le somme" per lo Starbook di gennaio, vale a dire "The Perfect Pies" degli Hairy Bikers. Recuperiamo oggi, con il più classico dei piatti ricchi in cui, altrettanto classicamente, ci si ficca, senza troppi indugi



Un titolo, un programma: perchè se è vero che non tutte le pies proposte in questa voluminosa raccolta possono incontrare i gusti di noi Italiani, è ancor più vero che non c'è stata praticamente ricetta che non solo non sia riuscita al primo tentativo, ma che addirittura non abbia aperto nuovi scenari, sul fronte delle basi o delle combinazioni dei sapori. Questi due omaccioni capelluti che all'apparenza non sembrano promettere nulla di buono, almeno sul fronte culinario, sono stati invece la sorpresa più golosa e più confortante di questo inizio d'anno: il lioro è un libro assolutamente ben fatto, nella forma e nei contenuti, con una rassegna di proposte che spazia in lungo e in largo, fra il salato e il dolce, fra la tradizione e le novità, senza indulgere all'innovazione ma con un sano attaccamento ai consigli delle mamme e delle nonne. La cucina proposta è quella di casa, capace di essere anche "gloriosa", se mi concedete una pessima traduzione di quel "glorious" di cui largo uso fanno gli scrittori anglosassoni quando devono magnificare la loro gastronomia: d'altro canto, le pies hanno alle spalle una storia di tutto rispetto e se oggi troneggiano su mense assai meno sontuose di quelle dei re e delle regine, l'orgoglio patrio sopravvive, a condimento di un libro che dovrebbe occupare un posto sugli scaffali delle librerie dei veri appassionati di cucina- meglio ancora se a portata di mano. 


Tutt'altro ripiano, invece, è quello destinato al primo flop dell'anno- e anticipo subito che i toni accorati e anche un po' seccati che seguiranno sono dovuti ad un profondo rincrescimento, tanto sincero quanto condiviso. Eravamo rimaste affascinate tutte dalle lusinghe di questo libro e dall'argomento trattato, le ricette persiane della mamma e della nonna dell'autrice e il nostro desiderio era anche quello di farci un regalo- a noi e a voi- sdoganando una cucina poco nota dalle nostre parti. In più, Ariana Bundy è una sorta di star, acclamatissima a Dubai e molto popolare anche negli USA, dove è spesso ospite di programmi televisivi; come se non bastasse, ha un curriculum lungo un km, dal padre chef al diploma al Cordon Bleu e fino ad oggi non si era letta una riga su di lei e sul suo libro che non fosse più che entusiasta. 
Da oggi, ahinoi, le cose cambiano, almeno sul  fronte dello Starbook: perchè le ricette di Pomegranates and Roses hanno realizzato una serie di bocciature che ci ha fatto quasi rimpiangere i tempi dello scalogno di carlocracchiana memoria. 

Sul fronte dei dolci, non c'è possibilità di appello: in troppi casi le dosi erano palesemente sbagliate e rivendicare tradizioni e gusti diversi non regge: se una crema si deve addensare, si deve addensare, indipendentemente dal fatto che ad Oriente si privilegino sapori diversi che ad Occidente. E lo stesso vale per i biscotti che si sbriciolano, per la gelatina che resta liquida, volendo anche per il pugno di riso che si spappola in una vagonata di zucchero, senza che l'autrice si premuri di avvisare il lettore occidentale (che poi è quello al quale il libro è rivolto) che questo è quello che deve accadere, in certe preparazioni che a noi sono completamente sconosciute. 

Sul fronte del salato, è andata meglio, seppur con tutti i distinguo del caso: su di noi pende ancora l'interrogativo delle erbe pesate a kg anziché a g, come siamo soliti fare noi, abituati al ciuffo di prezzemolo e al rametto di timo: leggere 875 g di prezzemolo, senza avere una riga di spiegazione lascia spiazzati e ancor di più spazientiti. 
In altre parole: se si vuol scrivere un libro di ricette di un Paese diverso da quello del pubblico a cui ci si rivolge, spiegare non è necessario, ma indispensabile, a maggior ragione dopo che tal Claudia Roden ha segnato una sorta di spartiacque in questo filone, aprendo una strada che la Bundy, che scrive a 40 anni di distanza, si è trovata spianata. 
Quelo che intendo dire, tirando le somme, è che un libro di ricette, è un libro di ricette e come tale ha il dovere di corrispondere nei contenuti alle aspettative dei suoi lettori. Ma un libro di ricette del proprio Paese è molto di più: è un'operazione culturale, a tutto tondo. E lo è a maggior ragione se gran parte del patrimonio di questo Paese è stato travolto da sconvolgimenti politici che hanno sostituito con il nuovo una ricchiezza antica che affida la sua sopravvivenza ai suoi testimoni.
In questo senso, la leggerezza con cui si affronta la scrittura è doppiamente colpevole, perchè doppio è l'inganno, così come doppia è l'amarezza con cui noi Starbookers concludiamo l'appuntamento con il libro di Febbraio: tradite dalle ricette, nella pratica, e dalle aspettative, nella teoria. E davvero, non è poco.